30/01/10

Il momento, di Elena G.


Nel quartiere Arbat di Mosca, la breve galleria del Volny Centrum era occupata da tavoli e sedie. Alcune persone in piedi, in attesa di trovare posto al ristorante, sostavano attorno ai tavoli, e lasciavano libera l’entrata a un fioraio e all’accesso a una rampa di scale mobili, che saliva direttamente dalla metropolitana.
Seduta al tavolo, sulle ginocchia di suo padre, Lisa osservava che le persone salivano dalla rampa su gradini che si muovevano da soli.
Il papà le accarezzava i capelli sfuggiti all’elastico dei codini, e chiacchierava al cellulare. Parlava a uno che chiamava Opresky, e Lisa capì che doveva essere il tipo che papà era venuto qui per incontrare, quello che era stato a casa loro quando era quasi Natale, e che non era piaciuto alla mamma perché, diceva, aveva aloni sotto le ascelle, e puzzava. Il papà invece ci si trovava bene, perché ci parlava sempre al telefono, e diceva che si facevano i soldi con la scarpe che gli vendeva dalla fabbrica nuova.
Lisa aveva finito la carne e le patate. Sfregò con il tovagliolo una goccia di sugo dalla felpa. Era finita sul nero dei capelli di Biancaneve che adesso sembravano bagnati. Davanti al tavolo c’erano un uomo e una donna in piedi. Si tenevano per mano. Erano appena arrivati dai gradini che salivano da soli. Il papà continuava a parlare al cellulare. Lei voleva alzarsi, e provare quei gradini. “Papà” disse tirandogli la manica del maglione “Papà, posso fare un giro sulle scale che vanno da sole?” Lui la guardò, fece un cenno.
Lei scivolò dalle sue ginocchia dimenticando la giacca a vento sullo schienale dello sedia, e sgattaiolò via.
Posò una alla volta le sue scarpe da ginnastica sul primo gradino di ferro, mise la mano sulla plastica nera del corrimano. I gradini scesero fino a un atrio con una macchia su un muro. Si voltò a cercare le scale che risalivano, ma vide solo una rampa di gradini molto ripidi, e fermi. Dall’altra parte dell’atrio vide i gradini che salivano da soli.
Attraversò l’atrio di corsa, urtando con il braccio la borsa di tela di un uomo che le urlò contro nella sua lingua strana.
Raggiunse la scala. Saltò sul primo gradino di ferro, che saliva lento dopo un altro uguale. Davanti a lei un ragazzo stava dritto al centro e non si teneva sul corrimano. Aveva un buco sul fianco del giaccone, si vedeva l’imbottitura di piume. Forse non aveva una nonna che sapeva cucire. L’aria fredda che veniva da sopra le ricordò che aveva lasciato la sua giacca sullo schienale della sedia. La salita finì su un atrio largo. C’erano corridoi illuminati da luci al neon, e muri pieni di tabelloni. Si girò intorno, ma non vide scale che riscendevano verso l’atrio con la macchia su un muro. Doveva fare le scale alla rovescia? E se la vedeva qualcuno? Magari la sgridavano, come l’uomo della borsa. Meglio cercare altri gradini che scendevano, andare dal papà e prendere la giacca. Faceva freddo. I gradini dovevano essere dopo quei corridoi. Ne prese uno, quello dov’era entrato il ragazzo con il buco sulla giacca. Dopo pochi metri, sbucò davanti a scalini larghi e fermi. “Peccato,” pensò, “ma non importa anche se non vanno da soli”. Scese le scale, e si trovò all’esterno. Davanti a lei c’era una strada larga e lunga, luci di auto, e lampioni. Dov’era finito il ristorante? Sentì il cuore battere forte. Non voleva tornare indietro, quei corridoi la confondevano. E poi c’era quella stradina, tra due edifici. Somigliava alla stradina dove c’era l’albergo. Aveva gli stessi alberi sul lato del marciapiedi. “Ecco”, pensò. “Adesso torno in albergo e trovo il papà. Oppure prendo l’ascensore da sola, e vado davanti alla nostra porta. E’ al piano tre”. Il ricordo della porta bianca le fece sentire mancanza intensa del papà. Ma non c’era motivo per sentirsi spaventata. Non doveva esserci. Ingoiò un groppo di saliva.
Raggiunse la stradina tra gli edifici. Camminò senza guardare le facce delle persone che incrociava, come quando raggiungeva la casa della nonna alla fine della sua stradina, sapendo bene dov’era e dove andava. Il cuore le batteva forte. La luce delle grosse lampade appese ai muri dei palazzi era gialla, e faceva capire il buio che c’era intorno. Lisa camminò più forte. Voleva entrare al caldo. Ma la strada non finiva mai, e l’entrata dell’albergo non c’era. Vide una casa con le finestre grandi e con le grate grosse, come quelle del convento delle suore che non escono mai e pregano sempre. La mamma non vuole che lei e Renato colpiscano le grate con il pallone quando giocano a guerra mondiale sul prato dietro alla chiesetta del Santo, sennò si disturba. Il ricordo della mamma le fece venire il bisogno di piangere. E adesso le lacrime arrivarono agli occhi. Lisa si appoggiò alla parete dell’edificio sotto una finestra, e si prese il viso tra le mani. Pianse singhiozzando. Perché il papà non la trovava? Avrebbe dovuto stare attento, non lasciare che lei uscisse così, da sola, senza controllarla. Lei era solo una bambina. Aveva cinque anni, era piccola. La mamma lo diceva sempre, che lei era solo una bambina. Lo aveva detto anche quando li aveva salutati all’aeroporto per quel viaggio che papà doveva proprio fare. La mamma doveva andare in un’altra città, anche lei in aereo, ma là non poteva portarla, perché era complicato, e lei era solo una bambina. Le finestre le ricordarono che non era in una foresta. “Qualcuno potrebbe portarmi dal papà” pensò. “Anche rubarmi, però”. Il pensiero le fece sentire le lacrime bruciare agli angoli degli occhi. Adesso non passava nessuno. Meglio. La mamma diceva che mai bisognava parlare con gli sconosciuti, e anche suor Clementina lo diceva quando dei grandi si avvicinavano alla recinzione dell’asilo, e anche la zia Antonella quando erano andate in gita al lago. Qui erano sconosciuti tutti. Si asciugò le lacrime con la manica della felpa. Si accorse di tremare per il freddo. “Non devo tremare”, pensò. “Se tremo e piango è troppo brutto, vuol dire che è davvero troppo brutto”. Sentì passi in fondo alla strada. Vide in controluce la sagoma alta di un uomo. Camminava dondolando, come i mostri dei cartoni animati. Dall’altra parte della strada vide un cancello aperto su un giardino. C’era un vialetto illuminato da lampioni.
Attraversò di corsa la strada vuota e raggiunse il giardino. Era tutto fermo e tranquillo. Oltre i bordi del vialetto, i cespugli e l’erba erano macchie scure. Si accorse di continuare a tremare, e che le scappava la pipì.
Si allontanò al buio sull’erba, verso un cespuglio rotondo, come quello davanti al portico che il nonno potava a forma di pallone, e gli passò dietro. Calò mutandine e pantaloni con uno stesso gesto. Voleva fare presto. Fece attenzione allargando i piedi, e si liberò. Si rialzò nel buio e si accorse di una panchina vicina al cespuglio.
La raggiunse, si accovacciò sotto al sedile stringendosi alle ginocchia. “Papà” sentì la sua voce uscirle dalla bocca. “Papà!”
Si sciolse in un pianto sconsolato, singhiozzò forte scossa da tremiti. Nessuno passava, nessuno la sentiva. Un’ora dopo, sfinita, si addormentò sotto la panchina. Sognò di essere sul suo letto, nella sua cameretta, e di sentire qualcosa di duro dentro al materasso che usciva da sotto, e le faceva male alla schiena. Si girò e rigirò, finché aprì gli occhi per capire. Si tirò su con un braccio, sentì sul viso un tepore umido, e alla luce del giorno vide il muso di un cane abbassato verso di lei. Era bianco, e cercava di leccarle il naso.

29/01/10

bibbia

scrivo poco perché scrivo tanto. ma non in rete, qui! su moleskine grandi, su moleskine piccole su monocromo verdi e monocromo blu scrivo tantissimo e dappertutto ma poco qui. mi spiace ma sto scrivendo la bibbia. ci vuole del tempo.

2 giorni con un pezzo di gnocco de paura io fossi in voi ci farei un pensierino

il 13 e il 14 di febbraio alla Lanterna Magica a Padova c'è un seminario di Giorgio Vasta sulla narrazione autobiografica. io ci vado. sono interessata a imparare tutti i trucchi e tutti gli inganni della narrazione autobiografica. link

28/01/10

sesso e sentimenti

il colore del soggiorno è qualcosa di sesso allo stato puro. cioè il colore così per com'è, per la sua bellezza e figheria non è possibile entrarci senza trovarsi in tempo reale costretti a sbattermi al muro e infilarmi la lingua in bocca (o chi per me, ovviamente).

se interessati, per una cifra neanche esosa sono disposta ad affittarvi la frase -e questo è il soggiorno-

la cucina invece ho cannato di brutto. dire cannato di brutto è un eufemismo. il colore è, diciamo, respingente. tipo che uno entra e il bagliore ti costringe metri indietro. te cava i sentimenti, si dice da noi.

24/01/10

pump up the volume

questa è l'ultima volta che parlo del Big Club mi dovete perdonare ma io non entravo in una discoteca da più di diescianni dovete capire la mia sorpresa relativa alla fauna e alla flora che al bar non hanno la menta per il mojito. comunque quella discoteca lì non son mica buoni non son capaci. il deejay proprio non sapeva mica fare. i mixaggi sembravan dei deragliamenti altrochè. io dico: ciai cinquantanni ancora non hai imparato? lascia stare! diobono lascia stare. fai prima se alzi la puntina da un disco e la metti nell'altro fai più bella figura. ciai cinquantanni? non sai fare? smettila per cortesia.

dimenticavo...

vedi che mi stavo dimenticando? al Big Club poi sul tardi sono arrivati l'articolo "il". un uomo altissimo e/o una donna bassissima. dico e/o perché eravamo lontante e sedute perciò non eravamo certe che lui fosse così altissimo e lei fosse così bassissima. tipo lei poteva essere normale e lui alto 2 metri oppure lui alto 1.60 e lei 10cm. così quando han fatto per andarsene gli sono corsa dietro così la Isa poteva prendere i riferimenti.

23/01/10

dopo ancora ma poi basta

ho pensato che al Big Club abbiam fatto i "cappottini" a tutti. vi conviene tenerci come amiche secondo me che  è evidente che siam spietatissime.

dopo ancora

al Big Club c'era uno tutto vestito di nero tranne per una giacca color cammello e le bretelle in tinta. non si reggeva quasi in piedi. probabilmente le bretelle in tinta lo aiutavano a mantenere l'equilibrio necessario per alzare il braccio ogni tanto e fare il segno di occhei tutto bene. il fatto che avesse le bretelle in tinta con la giacca è segno che anche lui crede -come me- nella corrente filosofica del cromachismo.

dopo

al Big Club l'altra sera c'era uno con un maglione a righe orizzontali. partivano fini fini e arrivavano larghe proprio in corrispondenza del pancione. il magliore era aderentissimo segno che se l'era comprato in dimagrante. quello noi lo chiamavamo il dinocolato.

22/01/10

dopo ancora

mi son ricordata che un anno con la mia amica Annalisa avevamo fatto una gara a chi ne baciava di più quell'anno lì. l'ho battuta distaccandola di due lunghezze.

dopo

dopo l'altra sera al Big Club c'era uno che son quasi sicura che avevamo limonato parecchio quando avevamo 17 anni.

sempre l'altra sera

al Big Club l'altra sera sempre c'era uno con due ali grandissime disegnate sui jeans sotto il sedere. allora noi lo chiamavamo chiappette volanti.

21/01/10

doctor and the medics /4

comunque l'altro giorno ho portato le Trattorini dal veterinario. il dottore ha auscultato Sofia per dieci minuti filati e ogni minuto che passava faceva le voci sempre più brutte. ma sto gatto... respiro superficiale... ma da quando? e più parlava più mi cascava la faccia. poi toglieva lo stetoscopio poi lo rimetteva e ricominciava ma sto gatto... respiro superficiale... ma da quando?

poi ho parlato con Ale mentre ero lì e lui mi ha chiesto e io gli ho detto che non sapevo ancora ma che mi sembrava una cosa brutta e allora il dottore ha detto "eeeeh! brutta! esagerata!!!".

... io?!?

cucina regionale

con Isa e Syl@ ci siam accordate per una cena femminil - padovan - blogghereccia. la Syl@ fa il primo (bigoli che s'è comprata il bigolaro), la Isa fa un dolce sardo. io pensavo di portargli una gallina padovana e si arrangiassero che fan tanto le fighe che san cucinare. loro.

genesi della violenza

l'altra sera al Big Club all'uscita ci siam messe a ciaccolare con un signore anziano molto gentile. è così bello trovare vecchi con cui discorrere piacevolmente. incartapecoriti così moderni che sanno rapportarsi a donne giovani come noi. poi io ho detto che ero del 69 lui mi ha detto che era del 62. cioè tra me e il dead man walking c'erano sette anni di differenza. parlo al passato che ho dovuto eliminarlo. mi rovinava la decade.

20/01/10

doctor and the medics /3

dunque l'altro giorno ho potrato le Trattorini dal veterinario e loro trattoravano moltissimo e le sentivano tutti. dopo entrate nell'ambulatorio se potevano cavargli gli occhi, al dottore, lo facevano.

brave le Trattorini che volevano cavare gli occhi al dottore cattivo che non mi chiede mai di uscire. cavateglieli. io vi approvo signore Trattorini.

doctor and the medics /2

comunque l'altro giorno ho portato le Trattorini dal veterinario. ho aspettato tanto che la sala d'attesa era pienissima. un botto di cani e gatti che sbaiavano e fuavano nervosissimi. loro, le Trattorini, facevano le fusa così forte che il ragazzo di fronte a me ha detto: ma sentile!!!

l'altra notte

l'altra notte mi hanno superato venticinque autobus tutti identici tutti nuovi di pacca. siccome non li avevo contati mentre mi superavano ho dovuto farmi un culo così per risuperarli tutti e contemporaneamente contare.

poi state tanto a berciare del multitasking. mi fate una pippa.

19/01/10

doctor and the medics

l'altro giorno ho portato le Trattorini dal veterinario. loro stanno sempre bene, sono io che le ammalo apposta per vedere il veterinario. non sono cattiva, sono una donna malata. ha un nome questa sindrome. sesso, mi pare.

a volte ritornano

l'altro giorno su FB ho trovato un messaggio privato da una ragazzina che non conoscevo che mi chiedeva se ero proprio io la Spritz all'Aperol che abitava in via pincopalla e mi ha girato una mail. le ho scritto dicendo che si, ero io, c'erano mica problemi? mi ha risposto il mio vicino di casa. il perseguitatore folle. il piacione. aaaaagh!

shining

con Isa, Mara e Syl@ ci siamo accordate che appena ho una casa facciamo una serata Shining con cena a tema. l'idea è della Syl@. secondo me vuol fare la carne tagliata giù con l'accetta.

18/01/10

giù dabbasso

la scorsa settimana c'era una riunione del nuovo condominio. ci sono andata anche se ancora non ci abito perché mi pareva un bel modo per conoscere i miei nuovi vicini.

dopo dieci minuti ero lì che dicevo a uno di contattare l'impresa e cercare di portare la cifra giù di mille euro. a un altro che va bene tutto ma quel ponteggio ci doveva costare la metà. a un altro ancora che il tetto ci vuole l'isolamento da 6 per entrare nelle detrazioni del 55%.

dopo mia mamma ha detto che lei non mi conosceva che mi aveva incontrata giù dabbasso.

Penguin Cafe Orchestra

C'è un brano dei Penguin Cafe Orchestra che parte col tono di segnale libero del telefono inglese e pian piano ci aggiunge a uno a uno gli archi dell'orchestra. Il brano si chiama "telephone and rubber band" e è molto bello.


16/01/10

erano diescianni! quanti erano? diesciaaaaanni!

vi siete persi una seratona! non solo Ale e gli Smart Set sono stati grandiosi ma la vecchia babbiona qui, quella che scrive, si è prodotta in saltelli aggraziati fino alle due di notte. se non ci credete potete chiedere a Syl@ a Isa o a Mara che loro c'erano anche loro.le ho pagate per testimoniare.

15/01/10

cominciamo bene

per le nuove attivazioni la 3 (quelli dei telefonini intendo) vogliono per forza l'addebito su carta di credito. il RID non va più bene. io dico perché il RID non va più bene? boh! è così. è tipo un dogma. ci devi credere. piglia porta casa. ma io non ce l'ho la carta di credito. è stata una scelta ponderata a lungo quella di non avere cartine con scritto sopra "comprami io sono in vendita", ci ho pensato lungamente ci ho ragionato per bene ho fatto tutte le considerazioni del caso e poi me l'han rubata a Barcellona.

ma io voglio il numero 3 perché il numero 3 è quello più conveniente e mi viene l'aifono a pochi sghei e io lo voglio l'aifono è uno status simbol non potrò mai essere una persona veramente degna di considerazione senza aifono, come potrò ambire mai alle più alte vette della blogstarritudine e della fama e notorietà senza l'aifono? credo sia impossibile. poi è dello stesso bianco della mia cucina nuova. fa pandan!

così son andata in banca e ho chiesto la carta di credito che gli ho spiegato, fammela con un massimale della minchia per favore che io lo devo usare solo per la 3 non voglio roba con scritto sopra "comprami io sono in vendita (e non illuderti...)" e loro, la banca, mi ha spiegato che la 3 fa così perché il RID lo puoi richiamare e dire alla banca di non pagarlo. la carta di credito no. quella paga e poi vai in contestazione se ci sono problemi, ma dopo, e comunque ci vuol del tempo.
allora io ho detto apperò vedi la fiducia?
dopo lui mi ha detto ma magari non capita eh!
dopo io ho pensato cominciamo bene epperò l'ho chiesta lo stesso perché io credo nella combinazione cromatica.

un po' di robe che ho fatto in questi giorni

sono andata in giro per cucine. ho visitato tre aziende. ho discusso tre progetti. ho avuto tre preventivi. ho scelto il più alto perché io sono una che fa presto a dire Ikea poi succede che incontro la cucina della mia vita e la ordino in dieci minuti esatti. il tempo di dire: ci arrivi a questa cifra? e di sentirmi rispondere di si. la cucina è questa e per questa non intendo proprio questa che io non cellò tutta quella boriosa piazza d'armi. intendo la finitura (laccata bianco perla), i profili (acciaio), il nome (tess).

poi ho fatto dell'altro tipo tentare di buttare giù un curriculum, dopo quasi ventanni dall'ultima volta che ne ho scritto uno devo dire che è stata dura ma mi pare che ce l'ho fatta.

ah! e poi ho scelto le piastrelle dei bagni: mosaico (ecchilo). (finto mosaico mica vero mosaico che per il vero mosaico dovevo dar via un rene ma  proprio non posso che me n'è rimasto solo uno che l'altro celò dato a quelli della cucina (pensavo più doloroso, son stati bravissimi, di un veloce che non ci si crede). comunque un bagno viene mosaicato sul giallo e l'altro sul maron (ma belli).

14/01/10

occasioni ghiottissime

ho  visto l'annuncio di una multinazionale farmaceutica che cercava un senior buyer con laurea in chimica per una nuova fabbrica tipo in nord Africa. ora: se cerchi senior buyer nel vocabolario ci trovi la mia faccetta sorridente e così gli ho mandato una lettera di presentazione che diceva più o meno così (cito parafrasando): è inutile che cercate nel curriculum che la laurea in chimica non ce l'ho ma sono un responsabile acquisti con i controcazzi secondo me siete matti se vi lasciate scappare questa occasione ghiottissima.
incredibile. si lasciano scappare questa occasione ghiottissima.
LOL

13/01/10

benvenuto

a vedere Welcome ci dovrebbero andare tutti. è un film che insegna a stare al mondo secondo me. poi è molto bello.

mi sembra appropriato

tra la zona giorno e la zona notte, ah! sto parlando della mia nuova casa. dicevo: tra la zona giorno e la zona notte avevo pensato di mettere una porta scorrevole tipo due ante una che scorre verso destra una che scorre verso sinistra (ideona eh!). inizialmente pensavo a qualcosa in vetro tipo zigrinato (che non ho ben chiaro cosa vuol dire ma mi pare che si dice abbastanza così, vetro zigrinato) con qualche disegno liberty che a me il liberty mi piace abbastanza (se ho ben chiaro cosa intendo io per liberty).

dopo, ieri sera uscita da Hachiko ho pensato che ci metterei una serigrafia grandissima con la faccia di Jack Nicholson che sbuca tra i legni rotti della porta che ha appena fracassato con l'ascia. quella del film Shining. quella dove lui è lì che dice Wendiii Wendiii.

mi sembra appropriato.

11/01/10

il tradimento

io l'ho sempre pensato che delle amiche non bisogna fidarsi però poi io sono una dal cuore grande è inutile che non lo dico per modestia io ciò un cuore grande così (allarga le braccia molto larghe e posizionando le mani parallele una all'altra muove all'unisono i bracci e le mani) è un dato di fatto, sarà che assomiglia alle dimensioni del culo. è cosa nota. grande culo grande cuore. non grande culo nel senso di fortuna. grande culo nel senso di dimensione calcolata orizzontale dalla chiappa destra a quella sinistra (non dal centro chiappa al centro chiappa che così a barare siam capaci tutti). comunque io lo sapevo che non bisognava fidarsi delle amiche ma coi culo e cuore così grandi io finisce che mi fido anche se lo so che non bisogna . mi fido e poi mi tocca di pentirmi. mi tocca di scrivere un post come questo pregno di disillusione e disincanto e di tante altre cose che iniziano con dis tipo disappunto e disfiducia. un post pieno di dis incanti e dis illusioni e dis appunti e dis fiducie io pensavo nella mia vita di non doverlo scrivere mai e invece mi tocca di farlo oggi, di farlo ora. di farlo adesso. un post pieno di dis tutta colpa della Letizia che io pensavo che era una amica vera e colpa della Laura che pensavo che era una amica tosta e colpa della Monica che io pensavo che era una che lottava per le cose in cui crede e invece siccome sono arrivata per ultima stasera al cinema avevano già preso i biglietti per Hachiko invece che quelli per Sherlock Holmes. Ora scusatemi che devo tornare a piangere un altro poco. scusatemi. veramente scusate.

a livello informativo

mi si dice di informarvi e io vi informo. a livello informativo dunque si sappia che quel gran fico dell'Arcureo suonatore di basso e contrabbasso (domanda: esiste qualcosa di più secsi al mondo di un suonatore di contrabbasso? direi di no! nulla) si esibirà con il fantastico gruppo degli Smart Set che oltre a lui è dotato di figliuola bionda di grande avvenenza e fascino ma anche di altri due maschioni insomma ce n'è per tutti i gusti . ecco quello Smart Set lì si esibirà il 15 gennaio al  Big Club di Padova. secondo me più disadattati ci sono meglio è. lo dico per dire. lo dico a livello informativo.

09/01/10

smc

La mostra di Steve McCurry a Milano (qui) è di una forza che toglie il fiato. alcune foto sono durissime, in generale sono intense come poche cose m'è capitato di vedere nella vita. è stata prorogata fino al 31 gennaio. secondo me dovete vederla.

08/01/10

NO

dunque, non è complicato. non è un pensiero complesso. non è una cosa difficile da capire. uno che ti dice NO vuol dire solo e esclusivamente NO. non vuol dire forse, non vuol dire dopo, non vuol dire ritenta sarai più fortunato, non vuol dire riprova, non vuol dire magari, non vuol dire facciamo passare del tempo, non vuol dire se fai questo o quello, non vuole dire probabilmente, non vuole neanche dire difficilmente

NO VUOL DIRE NO!

e non dovrebbe essere necessario ripeterlo duemila volte. la prima dovrebbe bastare. 

Opera n. 241

Stanno lì, in una stanza, a festeggiare, coi bicchieri in mano, che bevono, o forse è un negozio, una galleria d'arte, una famosa galleria di Soho, e ci son tutti, proprio tutti, è venuta anche quella di Copenhagen, che non ne parlava più nessuno e adesso l'han fatta tornare, si vede che stanno tramando qualcosa, dato che lei era la moglie di quello che adesso è il compagno della proprietaria della stanza, o del negozio, o della galleria d'arte, dove c'è anche quello che ha avuto due figli dalla moglie di suo figlio, che però lui alla fine non è risultato essere il suo vero figlio, perché sua madre aveva avuto un'avventura da dove era nato lui, che poi ha scoperto di avere un altro fratello, figlio del suo vero padre, il quale gli ha guzzato la moglie, una sera, quando si credeva che fosse morto, e lei, che già aveva avuto due figli dal padre di lui, e un altro dal marito di sua figlia, be' non se l'è mica fatto ripetere due volte: mentre suo marito stava bruciando dentro la fornace... insomma, ci siamo capiti.

Opere complete di Learco Pignagnoli
di grazie al ritrovamento e alla lungimirante e acuta supervisione che se non era per lui noi di Learco Pignagnoli non si sapeva nulla e se devo dirlo la mia vita era di certo peggiore, di (quel gran genio del) Daniele Benati - Aliberti editore

07/01/10

nomi

il Many ha chiamato il suo cane Raskolnikov. è che a me piaccion i nomi dei cristiani sugli animaletti e allora io quel cane lì l'avrei chiamato Nello o Nando o Ettore o Ugo o Mario o Fabrizio esattamente come tutte le mie gatte che le ho chiamate con i nomi di femmine tipo Camilla, Marta, Livia e Sofia. epperò devo dire che Raskolnikov è un nome fa-vo-lo-so e comunque io il prossimo gatto se sarà maschio io lo chiamerò Cato, come il servo dell'Ispettore Clouseau. L'ha fatto Latte ai Gomiti col suo che Cato è un nome beissimo.

06/01/10

questione di misura

quando ve ne state in vacanza a Milano e tutto ciò che fate è poltrire, chiaccherare, mangiare e bere e poi tornate a casa e in attesa della cena disadattata c'è la pre-cena disadattata poi, giustamente, la cena disadattata poi si decide di fermarsi al gozzoviglio a casa degli splendidi perché loro, rimanere senza disadattati da un momento all'altro lo shock potrebbe essere fatale, ecco poi quando vi succede questo e arriva il 6 di febbraio gennaio (noiosi!) e l'unica cosa che avete mangiato è stata la colazione di questa mattina poi non bisogna stupirsi se vi gettate sulla torta di vostra sorella e per tenere lontano gli ospiti volano calci.

dico per dire, per fare delle ipotesi. non parlo sul serio.

04/01/10

rosso

quest'oggi invece del solito burrocacao ho messo un rossetto rosso. io non porto quasi mai i rossetti e men che mai rossi che io ho la bocca grande e il rossetto rosso su una bocca grande, la mia bocca grande, fa volgare. così io sempre vorrei mettere rossetti rossi e infatti li compro ma poi non li metto che non mi piace il volgare che fa volgare il rossetto rosso sulle labbra mie che sono grandi.
e però oggi invece del solito burrocacao ho messo un rossetto rosso e non faccio volgare per niente. forse si stanno rimpicciolendo le labbra o, più probabile, mi si è allargata la faccia.
insomma, comunque la metto suona di schifo.

03/01/10

picciars


noi qui si rischia grosso e si tenta il tutto per tutto

e se n'è uscite vincitrici. i capelli non mi sono restati in mano. anzi, oserei dire che nessun capello è stato maltrattato per raggiungere siffatte vette di perfezione. ma ora scusatemi, non posso darvi retta, devo raggiungere uno specchio per complimentarmi con me stessa.

02/01/10

piccole uonder uoman crescono

la qui presente, questo pomeriggio, ha partorito una frase per un fumetto che suona più o meno così:

agh! sono in trappola. se (...) non arriva dovrò saltare.

a parte la brutturia generale della frase che faceva abbastanza schifo pure a me mentre la scrivevo e infatti (anfatti) NON verrà utilizzata (anche perché spoileristica e menzogniera), io comunque era la mia prima volta e quindi son abbastanza contenta uguale.

01/01/10

qui a Padova

si fan bilanci e si pensa alle cose passate ai fine anni, ai lugli e ai settembri ai film e ai libri alle cose che ti scavano dentro che alla fine non capisci bene neanche che vuoi, chi sei, che fai e ti par che sbagli sempre tutto e invece te sei una che, di tuo, non ti piace molto sbagliare e non sai se è un errore o è una cosa giusta ma capita anche che ti vergogni un po' per le cose che finisci per fare e anche per quel crogiolarti che a volte ti succede che ti piace perfino annaspare nel tuo male. e non hai voglia di parlare con nessuno e però hai un po' paura che nessuno ti parli. qui a Padova oggi va così.

infatti

infatti è bello quando uno inizia a conoscere un posto, che prima conosci soltanto due strade, e poi invece inizi a capire come funzionano le varie traverse, eccetera, e piano piano, senza che neanche te ne accorgi, ti ritrovi una mappa perfetta in testa.

[Non c'è niente di vero - Ugo Cornia]